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    fotoexhibition

    Affreschi fotografici.
           
Scolpire immagini con la luce.

 

              Mostra fotografica di Alberto Carra 

                                    catalogo mostra 

                          Loggiati del Castello di Felino, Parma. 
                                  
  
                                                                                                                                                                                 23, 24, 29, 30, 31 ottobre e 1 novembre 2010.

 

  

Al riparo nelle antiche mura dell'incantevole Castello di Felino in provincia di Parma e immersi nella Valle della Naturalità Diffusa, la Val Baganza cuore della buona cucina, ha avuto luogo la stupenda mostra delle opere di Alberto Carra. Il critico di fotografia dott. Paolo Barbaro dello CSAC di Parma  con una erudita conferenza ci ha raccontato la storia della fotografia. Con piacere  ed entusiasmo i numerosi partecipanti all'inaugurazione della mostra hanno seguito l'oratore che ha ripercorso le varie tappe e gli interpreti principali che hanno costituito la storia della fotografia. Così nel presentare il Maestro Alberto Carra viene spontaneo ripercorrere l'epopea della fotografia e riempire quel vuoto che la storia ci aveva lasciato. Un vuoto che con Alberto Carra diventa un muro vuoto su cui imprimere un Affresco fotografico. Dopo una vita spesa per la fotografia ha voluto fare un'esperienza dedicandosi alla applicazione della tecnica fotografica come la facevano i pionieri della fotografia. Maneggiando, come fa il piccolo chimico, qualche grammo di nitrato d'argento, un po' di gelatina animale, due gocce di acido nitrico, una spruzzata di magia e  in fine miscelare il tutto. Stendere la gelatina fotosensibile con il pennello sulla superficie che vuoi,  inserisci il negativo nell'ingranditore e spari la luce come se fosse uno scalpello. Scolpisci immagini su materiali che possono resistere al tempo e cosi facendo si consegnano all'eternità. Questo spiega il Maestro facendoci vedere le sue opere realizzate su diversi materiali, il legno, il marmo e su muro.
Ma sono quelli su muro che Carra adora di più.
Chi meglio può accompagnarci alla visita della mostra se non le parole tratte dalla recensione fatta da Arturo Carlo Quintavalle che publichiamo di seguito.
Certo, in tanti hanno stampato, fin dalle origini, su ogni genere di supporto, bastava distendere la gelatina sensibile sul supporto,  pietra, legno, metallo, parete.
Ma allora dove sta la novità della  immagine di Carra?
Due foto illustrano la storia: un mulo legato a un carretto, a destra un tronco al quale è appeso un animale, attorno figure in posa, a destra l’uomo col fucile, a sinistra un contadino con cappello, al fondo astanti. L’altra foto mostra un gruppo parallelo a chi guarda, contadini con cappello, due cani, al centro un grande cinghiale ucciso ma rizzato sulle zampe anteriori. Fin qui la storia, ma perché trascriverla su parete, perché trasformarne il linguaggio, farla diventare un testo di più lunga durata rispetto alle immagini fotografiche consuete?
Carra dunque da una parte punta sul passato, dall’altra sul presente, da una parte muove da foto scattate cento e passa anni fa, dall’altra da
foto scattate di recente, ma ogni immagine alla fine vienForse la ricerca di Carra punta a fare acquistare alle immagini una lunga durata staccandole dal contesto contemporaneo. Per questo il trattamento, stampa su intonaco, su gesso preparato con il nitrato d’argento, torna sia nelle immagini del passato riutilizzate che in quelle scattate dallo stesso Carra.
E’ come se il fotografo volesse dirci che ogni immagine del passato, e ogni immagine del presente letta con adeguato distacco, è una immagine che vuole farci percepire la sua durata.
Insomma Carra, come del resto Pezzani, un fotografo che usa molto modificare il colore delle immagini coi viraggi, respinge la breve durata, lo scatto ripetitivo delle macchine digitali, sceglie la fotografia come un concentrato di memorie, densa di una esplicita fisicità:
il gesso del supporto è come un intonaco, muro antico dei ricordi. D’altro canto il fascino dei muri nella storia della fotografia ha una lunga storia: i muri dunque di Cartier Bresson e quelli di Nino Migliori , tutti e due attenti alle radici della fotografia e insieme alle tracce sulle pareti di passaggi di persone, disegni, scritte, forme indefinite; Bresson, e poi Migliori, puntano sulle scritture trovate, la foto come evocazione quasi dadaista, mentre gli scatti di Carra puntano al passato per farci leggere il presente come storia, dalla lunga durata.
Carra sceglie di ottenere il distacco mentale, il senso di un tempo sospeso, usando il supporto come un muro, ma avrebbe potuto fare lo stesso usando legno o marmo. Pezzani, che evoca Stieglitz e il Pictorialism americano, sceglie la strada dei viraggi che, in alcuni casi, lo stesso Carra utilizza per segnare meglio la densità dell’immagine, non dunque, come fa Pezzani, per colorarla e renderla sottilmente ambigua.